“Space Oddity”, “Changes”, “Starman”, e “Heroes” sono stati la colonna sonora della mia adolescenza e gioventù,  un’alternativa affascinante ai suoni nostrani. E se Battisti e Baglioni erano malamente tollerati da mio padre  figuriamoci quando ha scoperto che i miei idoli erano Bowie e Mick Jagger.  Crescendo in provincia, queste canzoni hanno accompagnato i miei primi amori e le ribellioni con i genitori su come dovevo vestirmi e che music avrei dovuto ascoltare. Bowie era il mio rifugio e il mio coraggio in un mondo che sembrava stretto e convenzionale. Una rivelazione, un segnale di qualcosa di straordinario che arrivava da lontano. Crescendo in un piccolo paese di provincia negli anni ’60 e ’70, la musica di Bowie sembrava provenire letteralmente da un altro pianeta. La sua androginia, i suoi abiti eccentrici e il suo aspetto così diverso da tutto ciò che vedevo intorno a me erano una finestra su una realtà più audace e affascinante. Bowie portava con sé una ventata di freschezza e di libertà che sfidava le norme del nostro contesto provinciale, offrendomi una nuova visione e un senso di appartenenza a qualcosa di più grande. Rileggere la sua vita attraverso la psicogenealogia mi permette di comprendere meglio come la sua arte, così profondamente personale, abbia agito come un viaggio di scoperta e guarigione, non solo per lui, ma anche per me e per molti altri che, come me, lo hanno trovato un faro di luce in un mondo a volte grigio e convenzionale.

David Bowie, nato David Robert Jones l’8 gennaio 1947 a Brixton, Londra, è stato una delle figure più influenti e innovative nella musica e nell’arte del XX secolo. La sua vita e carriera, caratterizzate da una continua reinvenzione artistica e una profonda esplorazione dell’identità, possono essere comprese meglio attraverso il suo contesto familiare, le sue scelte artistiche e il modo in cui ha utilizzato l’arte come mezzo di guarigione e ricerca di sé. La psicogenealogia offre una lente preziosa per esaminare come le sue radici familiari e la ricerca di identità abbiano influenzato la sua vita e il suo lavoro.

David Bowie, all’epoca ancora David Robert Jones, cresce in un ambiente modesto e turbolento. Il giovane Bowie vive nel sobborgo londinese di Brixton, dove sbarca il lunario tra studi e sogni. Il padre, Haywood Stenton Jones, tornato da poco dal fronte della Seconda Guerra Mondiale, lavora come impiegato, mentre la madre, Margaret Mary Burns, lavora come cassiera presso un cinema. Margaret aveva già un figlio dal primo matrimonio, Terry, affetto da schizofrenia, che sarebbe stato ricoverato a lungo in un ospedale psichiatrico e si sarebbe tolto la vita nel 1985. La malattia del fratellastro rappresenterà a lungo un’ossessione per Bowie, che vivrà con la paura di impazzire a sua volta. Questa paura e il turbamento per la morte di Terry saranno sublimati nella sua musica, come dimostra il brano “Jump (They Say)” del 1993.

Nel 1957, la famiglia Jones si trasferisce nel quartiere di Bromley, e David inizia a studiare alla Technical High School per diventare grafico pubblicitario. Un evento cruciale nella sua giovinezza è uno scontro con l’amico George Underwood, che gli causa una lesione all’occhio sinistro, facendogli assumere un colore rossastro che gli vale l’impietoso soprannome di “red orb” da parte dei ragazzi del quartiere. Questo incidente diventa un simbolo di differenziazione e di lotta personale nella sua vita.

L’Avvento della “Swingin’ London” e la Ricerca di Identità

La “Swingin’ London” degli anni ’60 era un periodo vibrante per la scena musicale, con band come Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd, Who, Animals e Yardbirds che dominavano il panorama. David Bowie, giovane e affascinato, cerca di emergere in questo ambiente dinamico. Canta, suona il sax e tenta di sfondare con gruppi underground come Manish Boys, The Konrads, King Bees e Buzz, sognando di diventare il nuovo Little Richard, suo idolo fin dall’infanzia.

Bowie racconta di Londra come di una città in fermento: «Londra era una polveriera… La droga imperversava. Le pasticche erano appannaggio dei mod. Vivevano solo grazie alle anfetamine che permettevano loro di ballare e di trascinarsi per tutta la notte».[20] Il giovane Bowie era determinato a esplorare e capire le nuove tendenze, immergendosi nella vita notturna e nella musica per esperienze sensoriali e per scoprire il jazz.

È il manager Kenneth Pitt a suggerire a Bowie di adottare il cognome “Bowie”, ispirato al coltello “bowie-knife”, per evitare confusione con Davey Jones dei Monkees. Questo cambiamento rappresenta una nuova fase nella carriera di Bowie e segna il suo distacco dal passato e dalle sue origini. Tuttavia, l’avventura solista di Bowie inizialmente fatica a decollare. Bowie si trova in difficoltà nel decidere se seguire la strada maestra del folk britannico, le tentazioni psichedeliche della “Summer Of Love” californiana, o il revival rhythm and blues dell’epoca.

Guarigione e Ricerca di Identità attraverso l’Arte

Bowie utilizza la sua arte come un potente strumento di guarigione e auto-esplorazione. Le sue continue reinvenzioni artistiche, dall’iconico Ziggy Stardust al soul di Young Americans e al rock sperimentale di Heroes, rappresentano un viaggio attraverso le sue complessità interiori e il suo senso di identità. Le sue performance e la sua musica servono non solo come espressione artistica ma anche come mezzo per affrontare e superare le sue sfide personali, tra cui problemi di dipendenza e la pressione mentale.

Ricerca di Identità e Connessione Psicogenealogica

Bowie era noto per la sua esplorazione dell’identità attraverso alter ego e personaggi pubblici. Ziggy Stardust, Aladdin Sane e il Duca Bianco sono solo alcuni dei personaggi che Bowie creò per esplorare e comprendere le diverse dimensioni della sua psiche e del suo essere. Questi alter ego riflettono una ricerca di identità che rispondeva anche alle pressioni familiari e sociali, influenzate profondamente dalla vita e dalla morte di Terry Burns.

Si può anche ipotizzare che abbia, attraverso le tante identità che nel tempo ha artisticamente interpretato, esorcizzato e sublimato la sua ossessione, quella di diventare schizofrenico. Nel suo albero genealogico avrebbero sofferto  di schizofrenia due sue zie oltre che al fratellastro. Inoltre lui stesso è stato soggetto a crisi psicotiche con allucinazioni, slatentizzate anche da abuso di cocaina.

La storia di David Bowie è un esempio straordinario di come l’arte possa servire come mezzo di guarigione e di esplorazione dell’identità. Attraverso la sua carriera, Bowie ha utilizzato la reinvenzione continua e l’adozione di alter ego per affrontare le sue sfide personali e creare una nuova narrazione di sé. Il suo contesto familiare, le esperienze personali e le influenze psicogenealogiche, come evidenziato dalla figura di Terry Burns e dal suo ambiente sociale, hanno giocato un ruolo cruciale nella sua evoluzione come artista.

Bowie ha trasformato la sua vita attraverso l’arte e la sua stessa vita è diventata una forma d’arte. Ha lasciato un’eredità che continua a ispirare e a sfidare le convenzioni. La sua storia dimostra il potere dell’arte di trasformare la sofferenza in bellezza e di offrire una via per la scoperta e la realizzazione di sé